Le elezioni europee del 2009 potrebbero avere un risultato storico. Infatti, per la prima volta un gruppo politico potrebbe raggiungere la maggioranza assoluta: il Partito dei Popoli Europei, noto con il nome di Partito popolare europeo, è ritenuto dai sondaggisti continentali al di sopra del 50%. Ma non basta. Per la prima volta la delegazione italiana all'interno del PPE, sempre secondo i sondaggi, potrebbe essere la più numerosa, al punto di esprimere un presidente del parlamento europeo italiano. I membri del Parlamento europeo, infatti, si dividono in gruppi politici costituiti da deputati provenienti da più di uno Stato membro accomunati da ‘affinità’ politiche e non sono, pertanto, riuniti in base a schieramenti nazionali ma secondo sette gruppi politici paneuropei, che rappresentano, fra tutti, i diversi punti di vista sull’integrazione europea, da quello più fortemente federalista a quello apertamente euroscettico.
Non è ancora mai successo che gli italiani fossero in ‘maggioranza nella maggioranza’. E questo nella legislatura in cui – se verrà approvato il trattato di Lisbona – l'Europarlamento avrà finalmente poteri nuovi e rivoluzionari. Se la delegazione italiana nel PPE sarà la più numerosa – tanto per non fare nomi, di quella tedesca - si potranno realizzare - tanto per citare due misure anticrisi fortemente osteggiate dalla Germania - lo scorporo dei costi per le infrastrutture dal Patto di Stabilità, quanto gli Eurobond.
Questo voto, a 2 anni dallo scoppio della crisi economica internazionale, significa quindi per l’Italia e per tutti gli italiani la possibilità di non dover accettare passivamente come è successo nei 30 anni scorsi tutto quello che l’asse franco-tedesco ha dettato all’Europa e, soprattutto, rivendicare un ruolo di primo piano in quella che di fatto è la vera prima potenza mondiale per prodotto interno lordo. L’Unione europea a 27 può sommare un Pil di 14.712 miliardi di dollari, mentre gli USA si fermano a 13.843, e la Cina a 6.991 miliardi.
Negli ultimi anni l’UE però è apparsa stritolata nel triangolo formato da campioni della tecnologia (Stati Uniti d’America), campioni del potere energetico (Russia e arabi) e campioni della competitività nel costo del lavoro (Cina e India). Oggi, quindi, non serve solo far ripartire un Trattato che definisce uno “spazio continentale”, ma far nascere veramente l’Europa quale “potenza mondiale”.
C’è solo un ostacolo che separa questa forte opportunità per l’Italia al timone dell’Europa. Una inspiegabile forma di provincialismo tutta italiana che ci ha reso fino a questo momento incapaci di comprendere fino in fondo l’importanza della rappresentanza presso il Parlamento europeo. Ci sono dati che gridano allo scandalo: nel corso dell'ultima legislatura la delegazione italiana ha fatto registrare il 69% di presenze alle riunioni plenarie, posizionandosi ultima tra le varie delegazioni (i penultimi, i francesi, sono all'80%); 37 europarlamentari italiani su 78 hanno lasciato il loro seggio in anticipo; 61 eurodeputati italiani non hanno mai presentato una relazione e 17 non sono mai intervenuti al dibattito. Tra i primi cento eurodeputati più presenti a Strasburgo i nostri sono solo 3. In compenso, sono nostri 10 dei 20 più assenteisti. Metafora di questa incapacità e miopia è quanto avvenuto il 5 febbraio 2009: al momento della votazione più rappresentativa della volontà dell'Italia di pesare sulle decisioni europee (la mozione per la consegna di Cesare Battisti alle autorità italiane e il biasimo delle decisioni brasiliane) erano presenti in aula solo 6 italiani su 78 eletti. E pensare che i deputati europei eletti in Italia guadagnano 149.215 euro l’anno, mentre i più virtuosi francesi 63.093 euro e i più presenti, gli spagnoli, solo 28.056 euro.
A risentire dell’assenza della delegazione italiana nelle istituzione di Bruxelles, naturalmente, è anche la fruizione reale di fondi europei: l'Italia avrà dai fondi strutturali 2007-2013 28,8 miliardi di Euro, la stessa cifra dell’assegnazione precedente. E per spenderli bisognerà impegnarsi più di quanto avvenuto con i fondi 2000-2006, quando ne rimasero non spesi circa 10 miliardi.
L’opportunità che questa legislatura a Strasburgo offre all’Italia per uscire dalla crisi è troppo importante per essere sciupata con l’assenteismo. L’Europa “italiana” ora ha bisogno di visionari come Altiero Spinelli, che già nel primo Parlamento europeo del ’79 affermava che “oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell'attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l'eredità di tutti i movimenti di elevazione dell'umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”.