Lo tsunami della Spd, il partito socialdemocratico tedesco, è stato talmente impetuoso che l'eco si è avvertito anche in Italia. "I socialdemocratici devono reinventarsi", ha detto domenica sera l’ambasciatore di Germania in Italia, Michael Steiner; "La debolezza del centro-sinistra che c’era in Francia, Italia e Gran Bretagna adesso è comune anche alla Germania". Sarà anche per questo denominatore comune che domenica numerosi dirigenti del Partito democratico italiano hanno seguito mal volentieri gli exit poll nei quali si ravvisava un crollo di oltre il 10% dei socialdemocratici tedeschi, dal 34,2% delle elezioni politiche del 2005 a circa il 23%. Un mal comune che suscita riflessioni di vario tipo.
La crisi del socialismo è una conferma. Riemerge tuttavia una necessità di ripensare che cosa debba significare essere di sinistra, o di centro-sinistra, in società sviluppate e in crisi come la tedesca e l’italiana.
Gli eredi del Partito comunista, una volta crollato il muro di Berlino, hanno continuato a fondare la politica del lavoro sul fordismo, oggi superato, e quella dello Stato sociale sull'assistenzialismo, anche quando i tassi di crescita erano molto alti e la competizione internazionale non era aggressiva quanto oggi e, soprattutto, non c’era la delocalizzazione in India, in Cina o nella vicina Romania. Al riformismo serve una 'nuova frontiera'. Il mondo è cambiato. Gli unici che invece non cambiano sono i partiti del Vecchio Continente.