Dalle elezioni primarie in poi, Pierluigi Bersani le ha sbagliate tutte. Fino a ieri, quando si è aggiudicato il primo round nei confronti di Beppe Grillo e forse del Parlamento intero.
Bersani (forse) non farà il premier, ma è riuscito a coinvolgere i voti a cinque stelle necessari per l'elezione dell'ex magistrato Piero Grasso. Non soltanto quelli dei sei senatori siciliani del Movimento, ma anche di altri senatori.
La scelta del 'candidato perfetto' per i gusti dei senatori siciliani grillini è comunque un punto di non ritorno per la politica del Pd.
A questo punto, infatti, Napolitano potrebbe incaricare solo un nome al di fuori del Pd, per il semplice fatto che una minoranza, quale complessivamente il Pd risulta essere, non può avere contemporaneamente le presidenze delle Camere e la premiership.
Intanto, però, con le presidenze di Camera e Senato Bersani ha piantato due bandiere pesanti.
Allo stesso tempo è difficile affermare che Grasso e Boldrini facciano parte della vecchia politica.
Saltano allora tutti i vecchi schemi e servono davvero nomi nuovi. Anche per la successione al Colle saltano tutti i nomi noti, soprattutto quelli di Prodi e D'Alema.
La prima 'sconfitta' politica di Beppe Grillo, paradossalmente, è un successo dello tsunami che lui stesso ha provocato. E' vero che l'apriscatole già non taglia più, ma l'ondata si è sentita eccome.